Due fette di SetteVeli.
Sette soffici strati
di cioccolati diversi uno su l'altro
e qualche nocciola nel mezzo.
Il mio pranzo frugale.
Un malloppo che fruga il pancino
nel pomeriggio di sole e solitudine scelta.
Per smaltirlo dovrei fare una corsa
o una danza di ore.
Ecco, perfetto: la danza delle ore.
Un minuetto. Un po' troppo leggiadra.
Dunque meglio qualche altra cadenza.
Una danza di panza.
Evvai. Occhei. La danza dei sette veli.
Certo. Come la torta.
Aiuto. Ma che effetto mi ha fatto?!?
Mi sdraio nell'ombra più fresca.
E provo a riposare.
-Perché oggi non sei al mare?-
Chi è? Chi ha parlato?
-Sono io, Lampo o come mi chiami.-
Lampo? Il gabbiano? È sempre la torta che imballa, che balla e che sballa?
-Sì, sono qui. Sono Lampo e tu sei Tardo di comprendonio.-
Mi giro ed è lì. Al solito posto. Il solito sguardo lontano.
C.- Ma allora tu parli?-
L.- Sì, lo so fare. Ma ho smesso. Le parole son troppe e si può equivocare.-
C.- E perché non l'hai fatto mai prima?-
L.- Tu eri sempre a nuotare. Via di qui. A proposito, come mai non sei andato?-
C.- Non lo so. Oggi sto giù e con dentro un po' di malumore.-
L.- Colpa di quel giornale e le chiacchiere che girano intorno?-
C.- Tu sei un Lampo di... genio!-
L.- Sei bravo con i giri di parole ma non è che ti gira qualcosa di altro?-
C.- SetteVeli di squisitezza nello stomaco.-
L.- E basta con queste battute. Poi dicono pure che tu sei un poeta!-
C.- Bene. Sono quarantaquattr'anni che m'impicco tra prosa e poesia.-
L.- Quarantaquattro anni in fila per sei col resto di due...-
C.- Adesso canti anche?-
L.- Perché tu che fai?... da quarantaquattro anni in fila per...-
C.- Vabbè. Dicevo che tra prosa e poesia sono importanti i pezzi mancanti.-
L.- (accovacciandosi, ma senza voltarsi) Spiegati meglio.-
C.- I pezzi mancanti, i passaggi logici, i collegamenti...-
L.- E quindi?-
C.- Quello che resta è poesia. Ellittica. Fantasmagorica. Vertiginosa.-
L.- Vuoi dire a me? È roba che conosco.-
C.- Appunto. Invece in un'intervista i pezzi che togli, quelli mancanti, sono importanti.-
L.- (stavolta girandosi appena) M'incanti. Vai avanti!-
C.- "Davanti" ho risposto a "dove si pone politicamente?"
Né di qua né di là e nemmeno al di sopra. Davanti, di fronte.
Con le idee che con fatica ho messo su. Con le mie idee.
Anche quando trionfavano le ideologie. Con le mie risposte.
Anche quando giovavano le ipocrisie. E i facili conformismi d'accatto.
Questi sono stati anni di assurda contrapposizione. Gli uni contro gli altri.
Tutti contro tutti. Senza esclusione di colpi. Né un pensiero intermedio.
La politica è un lavoro serio. Alto. Davvero richiede di bere l'amaro calice.
Potere è un bellissimo verbo ma troppi lo usano come sostantivo.
E al potere mai ho chiesto favori personali. Né vantaggi. Né scambi.
Non darò qui giudizi sull'uomo pubblico. Chi mi segue, sa come penso.
E nemmeno sul suo privato che non conosco direttamente.
Io non giudico qualcosa che non so. Semmai giudico la mia ignoranza.
Sulle cronache l'opinione è dolente e perplessa. In progresso. In attesa.
La storia ci insegna che i destini di una nazione non sono solo
responsabilità di una persona, ma di un intera classe dirigente
e di tutto un popolo. Questi, quelli e quegli altri. Nessuno escluso.
Ho avuto un incontro a cena, anni fa per l'isola e la manifestazione
e qualche breve telefonata, nel tempo, sulle questioni dell'integrazione.
Altre due volte, da vicino, in occasione di cerimonie. L'ho osservato.
Il piacere di cantare, il piacere di piacere. Il piacere dentro il piacere.
Il credere di credere in quel che dice. È un modo per esser credibile.
Le mie sono considerazioni leggère per lèggere nel personaggio.-
L.- Anche un cambio d'accento. È proprio un vizio!-
C.- Perdono. Però se usassimo lenti più leggere potremmo leggere meglio.
Al contrario ci mettiamo sempre più occhiali modello Pre.-
L.- ??? Prestige?-
C.- Pregiudizio. Preconcetto. Presupposto. Pre...-
L.- Prego, ripetere.-
C.- Prevenzione. Predeterminazione. Pre...-
L.- Prêt-à-porter?-
C.- Che fai? Una fine battuta su una battuta finale? Succede assai spesso che
una frase prenda molto risalto e una piega più forte. Malgrado, però, i pezzi
mancanti di quell'articolo, per insufficienza di spazio e urgenza di sintesi,
siano decisivi al pensiero generale, è cosa buona e giusta...-
L.- Lapsus freudiano! Perciò è vero che ti farai prete?!?-
C.- Mannò, dicevo per dire...-
L.- Dire per dire: un altro gioco di parole.
Fra_te e me... non c'è più religione!-
C.- (fra_me e me: il pennuto ha perso la brocca!)
L.- Non c'è più religione, però c'è latino...-
C.- Ergo... Ti ho fregato. Vere dignum et justum est.
È veramente cosa buona e giusta... saper leggere attentamente
ciò che è scritto. Vai a rileggertelo.-
L.- Io non so leggere. (piegando il capo) So solo parlare.
Però so anche ascoltare.-
C.- Scusami. È vero. Mi sono sfogato. Magari chissà forse pensi...
Excusatio non petita...-
L.- Accusatio manifesta. Ci risiamo. Ancora latino. Medievale. Monaco.
Che scegli? Certosino, benedettino, cistercense?-
C.- (d'istinto) Trappista. Per via della cioccolata. Scherzavo.
Non sarei mai un buon monaco. Anche se avessi l'abito.
Al massimo uno che si apparta per un po'.
Un anacoreta.-
L.- (fra_sé e sé: quando gli umani non sanno che dire usano parole difficili)
C.- A volte è necessario isolarsi per comprendere se stessi.
Per conoscersi un po' o un po' di più.
Pensa a quanti pretendono di saperlo a perfezione. Anche degli altri.
Quelli che dicono "Io non lo riconosco più. È cambiato".
Come se lo conoscessero, prima.
Eppoi bisogna cambiarsi per cambiare il mondo.
Almeno per provare a farlo.
L.- (alzandosi sulle gambette) Adesso però sei lagnoso!
Ma come...
Non hai scritto tu: 'Più vai su e più sembri piccolo a chi non sa volare'?
Ce lo sai che la vita è così!
E io che dovrei dire.
Quando sono in volo tutti gli occhi mi seguono ammirati e sognanti.
Poi se mi vedono a terra, dicono "Che buffo paperello. Com'è sgraziato".
Neanche di me sanno tutto.
Mi guardano solo per il pezzo di cielo che vedono.
Pure con me se la prendono quando faccio qualcosa di normale.
Per esempio, quando caco sul muretto. Vedi come si arrabbiano.
Se poi gli caco in testa si incazzano ancora di più.
Tu sei sempre un po' troppo esigente e troppo superbo.
Per alimentarsi bisogna cercare dovunque.
Pensi che mi diverta a frugare nell'immondizia?
Devi metterci il muso nelle cose, per trovarci l'essenza. Il frutto nascosto.
Sporcare il becco, fiutare gli odori. Anche quelli cattivi.
E tu, con rispetto parlando, a becco non sei messo male.-
C.- Guarda tu se un volatile mi sfotte e si mette a farmi la paternale.
O, diresti tu, la frater-nale.
E io che ti ascolto.
Mentre dovrei comporre, creare, scrivere, musicare.
Anche se ho architettato progetti, palchi, scene, suoni, melodie, testi, occasioni,
sono oltre otto anni che non faccio un lavoro interamente nuovo...-
L.- Non saranno otto minuti con me a farti tardare.
Non sarà un nuovo disco ma un disco nuovo a farti toccare il cielo. Il gancio no?
Non hai scritto tu qualcosa di simile?
E nuovo non significa molto. L'unica certezza è che suonerà inedito.
Pensa a un che di mai sentito. Di inaudito.
Poi verrà quel che verrà. E sarà quel che sarà.
Tanto lo sai che all'inizio non piace quasi mai. Ci sei già passato.
Mettici il cuore. Gettalo oltre l'ostacolo. Fallo esaltare.
Per cui salta su. Hai visto questo paperotto come si lancia sui pendii più arditi,
sugli scogli più ripidi, sfiorando le rocce, sfidando il vento, puntando il rischio.
E mica sono un'aquila. O un falco. Sono come te: un ragazzo di pianura.-
C.- Grazie amico mio. Per il ragazzo. Ho vissuto già sessanta primavere.
E purtroppo non solo quelle. Ma anche le estati, gli autunni, gli inverni.
Però ancora corro, col cuore che pesa, se mi par di sentire una voce decisa
e nervosa di mamma e un rimprovero in eco, che mi richiama a casa.
E mi imbroglio di scuse e promesse per non fare più errori in futuro.
Ma il futuro intanto è arrivato e gli sbagli non sono finiti. Tutt'altro.
Se, un tempo, sei stato bambino, ci impieghi una vita per tornare a esser chi eri.
Dipende se trovi la strada e il portone di allora. Ma dove saranno?
E chi si ricorda. Sai, quando ti senti perso? Quando hai smarrito il senso?-
L.- (torcendo il capo) Il senso? In che senso?-
C.- Nel senso del senso dell'umorismo. Che per qualcuno sembra un senso vietato.
Nella chiacchierata di cui sopra, parlando di un leader peraltro coerente e capace
di grandi intuizioni, davo un parere su un suo exploit dicendo che una roba così,
una frase scocciata da uomo della strada, si sarebbe detta davanti a un grappino
in un bar di Belluno. Come dire: bevendo un bicchiere di rosso a Vercelli.
Uno spritz a Bolzano. Una birra a Udine. Un bianchetto a Vicenza. Un'ombretta
a Verona. Un passito a Marsala. Un mirto a Oristano. Un limoncello a Salerno.
Secondo una 'firma' avrei conferito dell'ordine degli ubriachi, bellunesi e dintorni.
Me compreso, che di quei grappini, da quelle parti, ne ho bevuto qualcuno.
L.- Dovresti rifarlo. Saresti forse un po' più simpatico. Un po' più spavaldo...-
C.- Ma se ho appena risposto "perché no" a un concerto d'insieme con due artisti
famosi ma non professionisti, amatori di musica e canto. Come tutti ben sanno.
Un colpo ad effetto, già detto a voce. Per una causa più grande. Per uno scopo.
Un vero soccorso. Una storia che val bene una messa. Figurarsi un concerto.
Che poi, dopotutto, è quasi impossibile organizzare. Gentilmente declinerebbero.-
L.- Anch'io una volta invitai a una libera trasvolata tra un'isola e un'altra un pavone
e un verdone. Alcuni gabbiani erano proprio contrari. E io che insistevo che l'aria
è di tutti. E comunque credevo che alla fine non sarebbero mai più venuti. E invece
arrivarono e ci alzammo per un tanto. Mi seguirono un po' ma poi si stancarono
e andarono via. Avevano altro da fare. Di diverso. Di meglio? Di peggio?
Che importa.
Ognuno c'è per fare qualcosa.
Io ero nato per questo. Questo era il mio luogo. Il mio paradiso terreno.
il mio spazio vitale
Il mio corridoio di cielo.
Queste correnti, le mie compagne di giochi.
E questo mare, lo specchio in cui regalarmi un sorriso.
Sono come quel cosmonauta russo. Il primo che andò oltre la stratosfera.
Volo e volerò. Finché avrò le ali per volare.
E tu suona finché avrai le mani per suonare.
E inventa finché avrai emozioni da inventare.
E canta finché avrai una voce per cantare.
Qwa qwa qwa qwa. Una specie di allegra risata
sghignazza nel mezzo dell'aria e mi sveglia.
Quanto è passato? Che ora sarà?
Mi volto di fianco. Il gabbiano è là.
Come se nulla fosse accaduto.
Che è stato? Ho sognato?
Possibile che il papero abbia parlato?!?
Si dice che il cioccolato è una droga, però...
"Lampo... Lampo, mi senti?"
Niente. Non sente.
Oh... questo parla, pontifica, fa filosofia
magari fa pure politica
e non sa neanche come si chiama.
(dalla pagina FB di Claudio Baglioni)
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