venerdì 12 settembre 2014

UN ANNO DI "BACKSTAGE"

13 settembre 2013 - 13 settembre 2014

E' già passato un anno dall'uscita ufficiale di "Backstage, ventimila giorni di note e di storie".

Vorrei ringraziare uno ad uno tutti coloro che hanno letto questo libro e che hanno contribuito al successo di questo mio primo esperimento editoriale non didattico.

Non è ovviamente possibile quindi,  desidero utilizzare la mia pagina ufficiale per ringraziare tutti voi che lo avete acquistato e che lo avete anche pubblicizzato nelle vostre pagine di FB.

Grazie di cuore, e... credo che questo sia solo l'inizio :-)

Nel frattempo ho realizzato una nuova compilation su Spotify, contenente una parte dei brani che ho citato o raccontato nelle pagine di Backstage.

Per festeggiare un anno di "Backstage" (citati nel libro...)

Grazie ancora e... let's stay in touch: "Enarmonia" sta arrivando...

Nell'attesa, ho estrapolato da "Backstage", uno dei momenti in cui forse,  mi sono divertito di più a raccontare:
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«Pronto, Walter?»
«Sì, Laura, sono io, come stai?»
«Benissimo, grazie. Ti chiamo per darti una bella notizia. Il mio caro cognato Paul sarà mio ospite per qualche giorno. Gli ho parlato nuovamente di te e del nostro lavoro che stiamo svolgendo insieme e gli ho domandato se gli avrebbe fatto piacere conoscerti finalmente di persona. Mi ha detto che sarebbe stato molto felice ed abbiamo quindi  definito una data. Sono orgogliosa di annunciarti che domani sera tu e Patrizia sarete miei ospiti a cena a casa mia con Paul e la sua compagna… pronto… Walter, ci sei ancora?».

C’ero, c’ero… ma solo fisicamente, perché nel frattempo la mia mente aveva sganciato e in un attimo mi ero ritrovato teenager, quando avevo ascoltato per la prima volta “Please Please Me”, il pezzo che mi fece conoscere ed amare i  Beatles immediatamente e per sempre. Da quel lontanissimo 1963 ne erano successe di cose nella mia vita, ma non avrei mai e poi mai immaginato ciò che mi sarebbe successo da lì a tre decenni: una cena con Paul Mc Cartney! Ancora oggi sembra impossibile; sembra un evento da Guinness dei Primati, ed invece è successo davvero, e dopo quel primo incontro ne sono addirittura avvenuti altri… Per spiegare meglio la storia, però, dobbiamo fare un passo indietro e ritornare al 1994.

 Era finito da poco il tour di Baglioni “Assieme” ed io ero rientrato nel mio mondo didattico ed avevo ripreso regolarmente le mie lezioni di musica moderna, i miei seminari e la composizione dei miei brani. Una mattina ricevetti una telefonata. Una certa signora Malcolm desiderava informazioni sulle mie lezioni di pianoforte moderno. Le fissai un appuntamento e dopo due giorni ci incontrammo al mio studio.  Fu un colloquio molto gioviale e divertente. Laura, questo era il suo nome, mi raccontò di essere americana, di New York precisamente, ma di aver eletto la Toscana, anzi, la campagna fiorentina, come luogo ideale per vivere con suo marito Donald. Parlammo di musica e di tante altre cose dopodiché le fissai la prima lezione.
Qualche giorno dopo, durante il nostro primo incontro didattico, venne fuori il nostro amore incondizionato per i Beatles e per tutta la musica inglese di quel periodo, ed alla fine della lezione, quando le preparai la notula per la mia parcella venne fuori che il suo nome completo era Laura Eastman sposata Malcolm. Ingenuamente, le feci notare la coincidenza del suo cognome, lo stesso della moglie di Paul Mc Cartney, che si chiamava, appunto, Linda Eastman: ebbene, in quel momento lei mi guardò negli occhi e mi confidò seria:
«Sì… ecco,  di solito non amo raccontare in giro questa cosa, ma visto che tu sei al corrente del mondo di Paul, devo dirti che  Linda Eastman in effetti… è mia sorella!!»
 Oddio!! Temevo di non aver capito bene! Non sapevo cosa dire: rimasi muto come un pesce per qualche secondo. Avevo davanti a me la cognata di Paul Mc Cartney e non riuscivo a crederci. Le devo essere sembrato un po’ matto quel giorno, ma rimasi ancora zitto per qualche attimo e poi, con la voce rotta dall’emozione, ma cercando disperatamente di sembrare rilassato, le dissi:
«Laura, non temere, conosco questo nostro mondo, non rivelerò a nessuno la tua parentela con Paul.»
 Lei mi ringraziò molto e fissammo la nostra seconda lezione.

Quel giorno, ed i giorni che seguirono, non riuscii a staccare la mente da questa strana, buffa, incredibile e imprevedibile coincidenza. Laura Eastman, cognata di Paul, figlia di Lee Eastman, uno dei più famosi avvocati americani, che era stato anche il legale di Paul, era diventata mia allieva!! Suonava ancora incredibile…

Le nostre lezioni proseguirono con regolarità ed il nostro rapporto umano si intensificò: diventammo amici ed ebbi molte volte l’occasione di essere ospite con mia moglie ed i miei figli a cena a casa sua. Conobbi così anche suo marito Donald, una persona veramente speciale, di grande cultura e spiritualità, ed il rapporto fra le due famiglie si intensificò sempre di più. Grazie a Laura, riuscii anche a mandare una copia di tutti i miei libri a Paul, e scoprii anche che lei parlava spesso al telefono con Paul e con sua sorella Linda, di tutto il lavoro che noi stavamo facendo nella musica. Era veramente entusiasta di tutto questo. Nel corso di quegli anni, ebbi occasione di constatare che la nostra amicizia si stava fortificando sempre di più, a tal punto che una mattina, dopo aver appena appreso da Paul, la drammatica notizia del  decesso di sua sorella Linda,  telefonò subito a casa nostra e fummo i primi a saperlo e a condividere il suo dolore.

 Durante quegli anni  avevo sempre coltivato segretamente in un angolino della mia mente, una speranza così incredibile che non riuscivo a comunicarla a nessuno,  se non a mia moglie ed a qualche amico intimo a cenni ed allusioni. La speranza era… di poter un giorno incontrare Paul e stringergli la mano facendogli sapere tutto quello che la sua  musica e quella dei Beatles avevano significato per me, per il mio mondo musicale e, perché no, anche per la mia vita privata!!  Certo però non mi sarei mai aspettato che quella mia flebile speranza si sarebbe trasformata in una certezza e che quell’incontro che io avevo immaginato di pochi secondi, sarebbe avvenuto durante una vera e propria serata a cena da Laura…


… Oddio, di  solito le serate a casa di Laura finiscono sempre al pianoforte… Succederà anche con Paul? … Ma allora devo ripassare tutto il repertorio dei Beatles e anche il suo? E come faccio a ripassare più di 500 canzoni in due giorni?...
E poi dovrò portare un regalino… E che si regala ad un Mito assoluto, che ha già avuto tutto dalla  vita? Uhmm… e se componessi una semplice melodia e gliela regalassi come qualcosa che nasce spontaneamente dal mio cuore e che non ha un valore se non esclusivamente emozionale?

Erano mille e più le domande che mi martellavano la mente quando andai a letto quella sera dopo aver saputo dell’incredibile, inaspettato invito. Ne parlai con mia moglie, anche lei ovviamente emozionata e un po’ preoccupata, come ogni donna, su quello che sarebbe stato l’abbigliamento più adatto per una cena fuori dagli schemi come quella. Il mattino successivo, mi misi al pianoforte con un entusiasmo incontenibile e dopo poco nacque una melodia sulla quale composi anche un semplice testo: anche il titolo nacque spontaneo. “Could it be a dream”: avevo realizzato il mio piccolo regalo per il grande Mito.

   …E finalmente il fatidico giorno arrivò. Era il 3 agosto 2000: avevamo appuntamento alle ore 20,00 a casa di Laura e Donald. Dovevamo percorrere una strada che conoscevamo benissimo, perché l’avevamo percorsa molte altre volte, ma quel pomeriggio partimmo con molto anticipo per non rischiare di arrivare in ritardo. Ebbene, durante tutto il tragitto mia moglie ed io non riuscimmo ad aprire bocca, immersi completamente nei nostri pensieri per quello che sarebbe successo da lì a poco. Arrivammo in modalità “fantozziana” addirittura 50 minuti prima dell’orario previsto e dovetti fermare la macchina, molto prima dell’ultimo sentiero che portava direttamente alla villa di proprietà degli Eastman. Passammo quindi ancora 50 minuti in compagnia del nostro silenzio, con gli sguardi che si incrociavano e le espressioni di gioia, di incredulità, di lieve preoccupazione che si sovrapponevano un secondo dopo l’altro. Finalmente, alle ore 19,58, rimisi in moto l’auto con il cuore che pompava come un mantice e percorsi gli ultimi 500 metri che ci dividevano da quell’incontro storico.
Mi rendo conto che coloro che non hanno vissuto appieno il fenomeno  “the Beatles” e tutto quello che comportò a livello mondiale, nell’evoluzione della musica e non solo, ma anche della moda e del costume di una società, troveranno forse difficoltà a comprendere tutta questa emotività per un incontro con una persona comunque reale, viva e vegeta. Ebbene, l’unico modo per fare un raffronto comprensibile potrebbe essere quello di immaginare ad esempio per un amante della Storia, un incontro a cena con Giulio Cesare, oppure con Alessandro Magno, o con Napoleone Bonaparte. Ecco, io credo che l’esperienza potrebbe essere simile… con la differenza che nel nostro caso, l’incontro sarebbe stato reale e con un personaggio fortunatamente, vivente.
«Come stanno i miei capelli?» mi domandò Patrizia prima di suonare il campanello.
«… Cosa? Ah sì… bene , bene, ed io? Sono a posto? La cravatta è ok? La camicia?»
«Sì, perfetto, suona pure il campanello»
Premetti il campanello del cancello di ingresso e contemporaneamente provai un brivido di emozione. Quel gesto stava dando l’inizio a quell’evento memorabile.
 La porta della villa si aprì quasi subito e Laura uscì fuori raggiante di felicità.
«Ciao carissimi, che piacere, siete veramente puntuali, grazie, entrate pure».
La serratura del cancello emise un sonoro “click” dimostrando di essersi aperta ed  io iniziai a spingere ma…. non succedeva niente. Guardai mia moglie e la implorai di aiutarmi. Spingemmo in due ma il cancello non si apriva. Panico! Che figura stavamo facendo! Non sapevamo neppure aprire il cancello!  Eppure eravamo stati lì decine di  volte,  ma che diavolo stava accadendo a quel dannato cancello?
Non stava succedendo niente!! Era la nostra emozione che ci aveva giocato il primo brutto scherzo della serata. Stavamo spingendo la parte immobile del cancello, mentre la parte mobile, si era già distaccata di pochi centimetri e stava aspettando che noi la spingessimo anche solamente con la punta di un dito per spalancarsi…
Beh, come inizio niente male! Chissà cosa sarebbe successo poi…

 Entrammo in casa e Laura ci abbracciò e ci baciò come sempre, mettendoci a nostro agio.
«Carissimi, Paul e Heather sono rientrati da poco e sono saliti in camera a rinfrescarsi ma… ecco, Paul che sta scendendo.»
Non riesco a descrivere il turbinio di emozioni e di pensieri che affollavano la mia mente in quel preciso istante.. Vidi come al rallentatore Paul che scendeva le scale e sorridendo veniva direttamente verso di me, porgendomi la mano e abbracciandomi come se fossi stato un vecchio amico. Io riuscii appena a bisbigliare alcune parole che mi ero preparato precedentemente.
«Hi Paul, you can’t imagine how I am  happy to be here… sorry for my English… I’m too  excited…»
«Oh, don’t worry Walter, your English will be better  than my Italian, for sure[1]».
E con la semplicità più disarmante, mi appoggiò un braccio sulle spalle e mi propose di andare nella veranda in giardino per un aperitivo che aveva preparato con le sue stesse mani. Un aperitivo con Paul Mc Cartney… un aperitivo che aveva preparato lui stesso… Il “film”, perché questo era per me ciò che stava accadendo in quel momento, si stava sviluppando ed io mi ritrovavo ad essere attore inconsapevole di una storia che sembrava scritta dalla penna di un romanziere. Ci sedemmo in giardino, davanti al suggestivo panorama di un infuocato tramonto nel Chianti, che solo coloro che lo hanno visto, possono immaginare, e da quel momento iniziammo a parlare, anzi, devo dire che iniziammo a raccontarci cose che avevano a che fare sempre e solo con la musica, la nostra musica ed io, fra lo sforzo immane di capire e quello di parlare, mi resi conto che la musica era veramente l’unico linguaggio che poteva in pochi secondi, mettere sullo stesso piano, il compositore  più famoso del mondo, con un musicista che viveva onestamente del proprio lavoro qual ero io.
Da lì a pochi minuti ci raggiunsero anche Laura, Patrizia e Donald e finalmente conoscemmo  anche Heather, la nuova compagna di Paul. 
La cena ebbe inizio,  e fra un piatto e l’altro (eccezionali), accompagnati da un vino bianco assolutamente fantastico che aveva portato in regalo Paul, i racconti e le gag continuarono ad essere i protagonisti della serata. Paul ebbe modo di raccontarci aneddoti della sua vita insieme ai Beatles ed in particolar modo insieme a John, assolutamente spassosi. Il suo modo di raccontare e di mimare la scena a mo’ di cartone animato, era fantastico. Ci stavamo divertendo da matti ed io stavo provando una gioia ed una sensazione di pace che difficilmente avevo provato nella mia vita.

Al termine della cena, erano quasi le 11, stava iniziando a raffrescare e decidemmo di rientrare in casa. Il salone, contiguo alla veranda, era uno spazio enorme che  ospitava l’oggetto più importante in quel momento, ovvero un bellissimo piano a coda Steinway, circondato da una serie di invitanti divani. Tutti si sedettero comodamente, mentre Paul, senza dire niente, si era avvicinato al pianoforte,  si era seduto e lo aveva aperto. Io, presi una sedia, e mi accostai vicinissimo, alla sua destra, sedendomi in maniera molto composta, come un ragazzino delle medie che sta per essere interrogato in latino.  A quel punto Paul, iniziò a suonare ed a cantare  ed io iniziai a tremare. Sì, a tremare per non so che cosa… emozione, gioia, incredulità,…. Stavo comunque tremando, ma la cosa non mi proibì di godermi quello “spettacolo” che stavamo vivendo tutti quanti noi. Dopo aver suonato e cantato tre pezzi, Paul mi guardò sorridente, si alzò dal piano e mi disse semplicemente:
«Ok, Walter, you play now».
«With pleasure[2]».
Mi alzai, mi sedetti al pianoforte e in una frazione di secondo, presi la decisione. Avrei suonato “Here, There and Everywhere”, con la speranza di aver fatto una cosa giusta. Ciò che accadde in quel momento si rivelò però, completamente fuori da ogni mia previsione. Appena iniziai a suonare ed a cantare quel brano, Paul si sedette accanto a me, sullo stesso sgabello, e dopo pochi attimi, iniziò a cantare con me, facendo la “doppia voce” sull’inciso del brano.  Andammo avanti così, cantando e cazzeggiando per un tempo che in quel momento mi sembrò un attimo. Suonavamo cantavamo, ci scambiavamo i ruoli, e qualche volta suonavamo a quattro mani, divertendoci da matti. Le quattro persone che ci stavano ascoltando,  Laura, Donald, Patrizia e Heather, avevano capito la magia che si era verificata in quel momento e applaudivano entusiaste, alla fine di ogni nostra esecuzione. Stavamo facendo un mini concerto privato per loro. Ad un certo punto, mi ricordai che avrei dovuto consegnare il mio piccolo regalo musicale a Paul: estrassi allora, il mio cd che avevo preparato con la massima cura, e prendendo il coraggio a quattro mani, glielo consegnai.
«Paul, I have a present for you. I composed a simple song for you because I want  you to know how I am happy to have met you this evening[3]».
Paul non si aspettava questo, e rimase un attimo sorpreso. Io non aspettai oltre, ed iniziai a suonare e a cantare quella semplice melodia che però era stata veramente dettata dal cuore  Alla fine del brano, Paul mi abbracciò con affetto, ringraziandomi e con un pizzico di commozione negli occhi.
 Anche questa volta la Dea Musica aveva svolto il suo ruolo. Due persone si erano appena conosciute e grazie ad essa avevano instaurato un rapporto che non è possibile definire “amicizia” ma che  probabilmente è qualcosa fatto di condivisione di emozioni,  di esperienze… questa è una cosa che non accade tutti i giorni.
A fine serata, ci facemmo delle fotografie, e mentre Patrizia ed io lasciavamo la casa, Paul si preoccupò molto della mia integrità fisica, domandandomi se mi sentissi pronto per guidare fino a casa visto che in tutto quel tempo, il vino era stato uno dei nostri fedeli compagni.
Partimmo, ed anche durante il viaggio di ritorno, né io, né mia moglie riuscimmo ad aprire bocca. Ciò che era successo ci sembrava ancora impossibile ed il film  nel quale eravamo inconsapevoli attori, non era ancora finito…



[1] “Ciao, Paul, non puoi immaginare quanto io sia felice di essere qui… scusa il mio inglese… sono troppo eccitato…”
“Oh, non preoccuparti Walter, il tuo inglese sarà sicuramente migliore del mio italiano”. (trad. dell’editor)
[2] “Ok, Walter, adesso suona tu”.
“Con piacere”. (Trad. dell’editor)
[3] “Paul, ho un regalo per te. Ho composto una semplice melodia perché voglio che tu sappia quanto sono felice di averti incontrato questa sera”. (Trad. dell’editor)






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