E' già passato un anno dall'uscita ufficiale di "Backstage, ventimila giorni di note e di storie".
Vorrei ringraziare uno ad uno tutti coloro che hanno letto questo libro e che hanno contribuito al successo di questo mio primo esperimento editoriale non didattico.
Non è ovviamente possibile quindi, desidero utilizzare la mia pagina ufficiale per ringraziare tutti voi che lo avete acquistato e che lo avete anche pubblicizzato nelle vostre pagine di FB.
Grazie di cuore, e... credo che questo sia solo l'inizio :-)
Nel frattempo ho realizzato una nuova compilation su Spotify, contenente una parte dei brani che ho citato o raccontato nelle pagine di Backstage.
Per festeggiare un anno di "Backstage" (citati nel libro...)
Grazie ancora e... let's stay in touch: "Enarmonia" sta arrivando...
Nell'attesa, ho estrapolato da "Backstage", uno dei momenti in cui forse, mi sono divertito di più a raccontare:
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«Pronto, Walter?»
«Sì, Laura, sono io, come
stai?»
«Benissimo, grazie. Ti chiamo
per darti una bella notizia. Il mio caro cognato Paul sarà mio ospite per
qualche giorno. Gli ho parlato nuovamente di te e del nostro lavoro che stiamo
svolgendo insieme e gli ho domandato se gli avrebbe fatto piacere conoscerti
finalmente di persona. Mi ha detto che sarebbe stato molto felice ed abbiamo
quindi definito una data. Sono
orgogliosa di annunciarti che domani sera tu e Patrizia sarete miei ospiti a
cena a casa mia con Paul e la sua compagna… pronto… Walter, ci sei ancora?».
C’ero, c’ero… ma
solo fisicamente, perché nel frattempo la mia mente aveva sganciato e in un
attimo mi ero ritrovato teenager, quando avevo ascoltato per la prima volta “Please
Please Me”, il pezzo che mi fece conoscere ed amare i Beatles immediatamente e per sempre. Da quel lontanissimo
1963 ne erano successe di cose nella mia vita, ma non avrei mai e poi mai
immaginato ciò che mi sarebbe successo da lì a tre decenni: una cena con Paul
Mc Cartney! Ancora oggi sembra impossibile; sembra un evento da Guinness dei
Primati, ed invece è successo davvero, e dopo quel primo incontro ne sono
addirittura avvenuti altri… Per spiegare meglio la storia, però, dobbiamo fare
un passo indietro e ritornare al 1994.
Era finito da poco il tour di Baglioni “Assieme”
ed io ero rientrato nel mio mondo didattico ed avevo ripreso regolarmente le
mie lezioni di musica moderna, i miei seminari e la composizione dei miei
brani. Una mattina ricevetti una telefonata. Una certa signora Malcolm
desiderava informazioni sulle mie lezioni di pianoforte moderno. Le fissai un
appuntamento e dopo due giorni ci incontrammo al mio studio. Fu un colloquio molto gioviale e
divertente. Laura, questo era il suo nome, mi raccontò di essere americana, di
New York precisamente, ma di aver eletto la Toscana, anzi, la campagna
fiorentina, come luogo ideale per vivere con suo marito Donald. Parlammo di
musica e di tante altre cose dopodiché le fissai la prima lezione.
Qualche giorno
dopo, durante il nostro primo incontro didattico, venne fuori il nostro amore
incondizionato per i Beatles e per tutta la musica inglese di quel periodo, ed
alla fine della lezione, quando le preparai la notula per la mia parcella venne
fuori che il suo nome completo era Laura Eastman sposata Malcolm. Ingenuamente,
le feci notare la coincidenza del suo cognome, lo stesso della moglie di Paul
Mc Cartney, che si chiamava, appunto, Linda Eastman: ebbene, in quel momento
lei mi guardò negli occhi e mi confidò seria:
«Sì… ecco, di solito non amo raccontare in giro
questa cosa, ma visto che tu sei al corrente del mondo di Paul, devo dirti
che Linda Eastman in effetti… è
mia sorella!!»
Oddio!! Temevo di non aver capito bene!
Non sapevo cosa dire: rimasi muto come un pesce per qualche secondo. Avevo
davanti a me la cognata di Paul Mc
Cartney e non riuscivo a crederci. Le devo essere sembrato un po’ matto quel
giorno, ma rimasi ancora zitto per qualche attimo e poi, con la voce rotta dall’emozione,
ma cercando disperatamente di sembrare rilassato, le dissi:
«Laura, non
temere, conosco questo nostro mondo, non rivelerò a nessuno la tua parentela
con Paul.»
Lei mi ringraziò molto e fissammo la
nostra seconda lezione.
Quel giorno, ed
i giorni che seguirono, non riuscii a staccare la mente da questa strana,
buffa, incredibile e imprevedibile coincidenza. Laura Eastman, cognata di Paul,
figlia di Lee Eastman, uno dei più famosi avvocati americani, che era stato
anche il legale di Paul, era diventata mia allieva!! Suonava ancora
incredibile…
Le nostre
lezioni proseguirono con regolarità ed il nostro rapporto umano si intensificò:
diventammo amici ed ebbi molte volte l’occasione di essere ospite con mia
moglie ed i miei figli a cena a casa sua. Conobbi così anche suo marito Donald,
una persona veramente speciale, di grande cultura e spiritualità, ed il
rapporto fra le due famiglie si intensificò sempre di più. Grazie a Laura,
riuscii anche a mandare una copia di tutti i miei libri a Paul, e scoprii anche
che lei parlava spesso al telefono con Paul e con sua sorella Linda, di tutto
il lavoro che noi stavamo facendo nella musica. Era veramente entusiasta di
tutto questo. Nel corso di quegli anni, ebbi occasione di constatare che la
nostra amicizia si stava fortificando sempre di più, a tal punto che una
mattina, dopo aver appena appreso da Paul, la drammatica notizia del decesso di sua sorella Linda, telefonò subito a casa nostra e fummo i
primi a saperlo e a condividere il suo dolore.
Durante quegli anni avevo sempre coltivato segretamente in
un angolino della mia mente, una speranza così incredibile che non riuscivo a
comunicarla a nessuno, se non a
mia moglie ed a qualche amico intimo a cenni ed allusioni. La speranza era… di
poter un giorno incontrare Paul e stringergli la mano facendogli sapere tutto
quello che la sua musica e quella
dei Beatles avevano significato per me, per il mio mondo musicale e, perché no,
anche per la mia vita privata!!
Certo però non mi sarei mai aspettato che quella mia flebile speranza si
sarebbe trasformata in una certezza e che quell’incontro che io avevo
immaginato di pochi secondi, sarebbe avvenuto durante una vera e propria serata
a cena da Laura…
… Oddio, di solito le serate a casa di Laura
finiscono sempre al pianoforte… Succederà anche con Paul? … Ma allora devo
ripassare tutto il repertorio dei Beatles e anche il suo? E come faccio a
ripassare più di 500 canzoni in due giorni?...
E poi dovrò portare un
regalino… E che si regala ad un Mito assoluto, che ha già avuto tutto
dalla vita? Uhmm… e se componessi
una semplice melodia e gliela regalassi come qualcosa che nasce spontaneamente
dal mio cuore e che non ha un valore se non esclusivamente emozionale?
Erano mille e
più le domande che mi martellavano la mente quando andai a letto quella sera
dopo aver saputo dell’incredibile, inaspettato invito. Ne parlai con mia
moglie, anche lei ovviamente emozionata e un po’ preoccupata, come ogni donna,
su quello che sarebbe stato l’abbigliamento più adatto per una cena fuori dagli
schemi come quella. Il mattino successivo, mi misi al pianoforte con un
entusiasmo incontenibile e dopo poco nacque una melodia sulla quale composi
anche un semplice testo: anche il titolo nacque spontaneo. “Could it be a
dream”: avevo realizzato il mio piccolo regalo per il grande Mito.
…E finalmente il fatidico giorno
arrivò. Era il 3 agosto 2000: avevamo appuntamento alle ore 20,00 a casa di
Laura e Donald. Dovevamo percorrere una strada che conoscevamo benissimo,
perché l’avevamo percorsa molte altre volte, ma quel pomeriggio partimmo con
molto anticipo per non rischiare di arrivare in ritardo. Ebbene, durante tutto
il tragitto mia moglie ed io non riuscimmo ad aprire bocca, immersi
completamente nei nostri pensieri per quello che sarebbe successo da lì a poco.
Arrivammo in modalità “fantozziana” addirittura 50 minuti prima dell’orario
previsto e dovetti fermare la macchina, molto prima dell’ultimo sentiero che
portava direttamente alla villa di proprietà degli Eastman. Passammo quindi
ancora 50 minuti in compagnia del nostro silenzio, con gli sguardi che si
incrociavano e le espressioni di gioia, di incredulità, di lieve preoccupazione
che si sovrapponevano un secondo dopo l’altro. Finalmente, alle ore 19,58,
rimisi in moto l’auto con il cuore che pompava come un mantice e percorsi gli
ultimi 500 metri che ci dividevano da quell’incontro storico.
Mi rendo conto
che coloro che non hanno vissuto appieno il fenomeno “the Beatles” e tutto quello che comportò a livello
mondiale, nell’evoluzione della musica e non solo, ma anche della moda e del
costume di una società, troveranno forse difficoltà a comprendere tutta questa
emotività per un incontro con una persona comunque reale, viva e vegeta.
Ebbene, l’unico modo per fare un raffronto comprensibile potrebbe essere quello
di immaginare ad esempio per un amante della Storia, un incontro a cena con
Giulio Cesare, oppure con Alessandro Magno, o con Napoleone Bonaparte. Ecco, io
credo che l’esperienza potrebbe essere simile… con la differenza che nel nostro
caso, l’incontro sarebbe stato reale e con un personaggio fortunatamente,
vivente.
«Come stanno i
miei capelli?» mi domandò Patrizia prima di suonare il campanello.
«… Cosa? Ah sì…
bene , bene, ed io? Sono a posto? La cravatta è ok? La camicia?»
«Sì, perfetto,
suona pure il campanello»
Premetti il
campanello del cancello di ingresso e contemporaneamente provai un brivido di
emozione. Quel gesto stava dando l’inizio a quell’evento memorabile.
La
porta della villa si aprì quasi subito e Laura uscì fuori raggiante di
felicità.
«Ciao carissimi,
che piacere, siete veramente puntuali, grazie, entrate pure».
La serratura del
cancello emise un sonoro “click” dimostrando di essersi aperta ed io iniziai a spingere ma…. non
succedeva niente. Guardai mia moglie e la implorai di aiutarmi. Spingemmo in
due ma il cancello non si apriva. Panico! Che figura stavamo facendo! Non
sapevamo neppure aprire il cancello!
Eppure eravamo stati lì decine di
volte, ma che diavolo stava
accadendo a quel dannato cancello?
Non stava
succedendo niente!! Era la nostra emozione che ci aveva giocato il primo brutto
scherzo della serata. Stavamo spingendo la parte immobile del cancello, mentre
la parte mobile, si era già distaccata di pochi centimetri e stava aspettando
che noi la spingessimo anche solamente con la punta di un dito per spalancarsi…
Beh, come inizio
niente male! Chissà cosa sarebbe successo poi…
Entrammo in casa e Laura ci abbracciò e
ci baciò come sempre, mettendoci a nostro agio.
«Carissimi, Paul
e Heather sono rientrati da poco e sono saliti in camera a rinfrescarsi ma…
ecco, Paul che sta scendendo.»
Non riesco a
descrivere il turbinio di emozioni e di pensieri che affollavano la mia mente
in quel preciso istante.. Vidi come al rallentatore Paul che scendeva le scale
e sorridendo veniva direttamente verso di me, porgendomi la mano e
abbracciandomi come se fossi stato un vecchio amico. Io riuscii appena a
bisbigliare alcune parole che mi ero preparato precedentemente.
«Hi Paul, you can’t imagine how I
am happy to be here… sorry for my English…
I’m too excited…»
«Oh, don’t worry Walter, your
English will be better than my Italian,
for sure[1]».
E con la
semplicità più disarmante, mi appoggiò un braccio sulle spalle e mi propose di
andare nella veranda in giardino per un aperitivo che aveva preparato con le
sue stesse mani. Un aperitivo con Paul Mc Cartney… un aperitivo che aveva
preparato lui stesso… Il “film”, perché questo era per me ciò che stava
accadendo in quel momento, si stava sviluppando ed io mi ritrovavo ad essere
attore inconsapevole di una storia che sembrava scritta dalla penna di un
romanziere. Ci sedemmo in giardino, davanti al suggestivo panorama di un
infuocato tramonto nel Chianti, che solo coloro che lo hanno visto, possono
immaginare, e da quel momento iniziammo a parlare, anzi, devo dire che
iniziammo a raccontarci cose che avevano a che fare sempre e solo con la
musica, la nostra musica ed io, fra lo sforzo immane di capire e quello di
parlare, mi resi conto che la musica era veramente l’unico linguaggio che
poteva in pochi secondi, mettere sullo stesso piano, il compositore più famoso del mondo, con un musicista
che viveva onestamente del proprio lavoro qual ero io.
Da lì a pochi
minuti ci raggiunsero anche Laura, Patrizia e Donald e finalmente
conoscemmo anche Heather, la nuova
compagna di Paul.
La cena ebbe
inizio, e fra un piatto e l’altro
(eccezionali), accompagnati da un vino bianco assolutamente fantastico che
aveva portato in regalo Paul, i racconti e le gag continuarono ad essere i
protagonisti della serata. Paul ebbe modo di raccontarci aneddoti della sua
vita insieme ai Beatles ed in particolar modo insieme a John, assolutamente
spassosi. Il suo modo di raccontare e di mimare la scena a mo’ di cartone
animato, era fantastico. Ci stavamo divertendo da matti ed io stavo provando
una gioia ed una sensazione di pace che difficilmente avevo provato nella mia
vita.
Al termine della
cena, erano quasi le 11, stava iniziando a raffrescare e decidemmo di rientrare
in casa. Il salone, contiguo alla veranda, era uno spazio enorme che ospitava l’oggetto più importante in
quel momento, ovvero un bellissimo piano a coda Steinway, circondato da una
serie di invitanti divani. Tutti si sedettero comodamente, mentre Paul, senza
dire niente, si era avvicinato al pianoforte, si era seduto e lo aveva aperto. Io, presi una sedia, e mi
accostai vicinissimo, alla sua destra, sedendomi in maniera molto composta,
come un ragazzino delle medie che sta per essere interrogato in latino. A quel punto Paul, iniziò a suonare ed
a cantare ed io iniziai a tremare.
Sì, a tremare per non so che cosa… emozione, gioia, incredulità,…. Stavo
comunque tremando, ma la cosa non mi proibì di godermi quello “spettacolo” che
stavamo vivendo tutti quanti noi. Dopo aver suonato e cantato tre pezzi, Paul
mi guardò sorridente, si alzò dal piano e mi disse semplicemente:
«Ok, Walter, you play now».
«With pleasure[2]».
Mi alzai, mi
sedetti al pianoforte e in una frazione di secondo, presi la decisione. Avrei
suonato “Here, There and Everywhere”, con la speranza di aver fatto una cosa
giusta. Ciò che accadde in quel momento si rivelò però, completamente fuori da
ogni mia previsione. Appena iniziai a suonare ed a cantare quel brano, Paul si
sedette accanto a me, sullo stesso sgabello, e dopo pochi attimi, iniziò a
cantare con me, facendo la “doppia voce” sull’inciso del brano. Andammo avanti così, cantando e
cazzeggiando per un tempo che in quel momento mi sembrò un attimo. Suonavamo
cantavamo, ci scambiavamo i ruoli, e qualche volta suonavamo a quattro mani,
divertendoci da matti. Le quattro persone che ci stavano ascoltando, Laura, Donald, Patrizia e Heather,
avevano capito la magia che si era verificata in quel momento e applaudivano entusiaste,
alla fine di ogni nostra esecuzione. Stavamo facendo un mini concerto privato
per loro. Ad un certo punto, mi ricordai che avrei dovuto consegnare il mio
piccolo regalo musicale a Paul: estrassi allora, il mio cd che avevo preparato
con la massima cura, e prendendo il coraggio a quattro mani, glielo consegnai.
«Paul, I have a present for you. I
composed a simple song for you because I want you to know how I am happy to have met you this evening[3]».
Paul non si
aspettava questo, e rimase un attimo sorpreso. Io non aspettai oltre, ed
iniziai a suonare e a cantare quella semplice melodia che però era stata
veramente dettata dal cuore Alla
fine del brano, Paul mi abbracciò con affetto, ringraziandomi e con un pizzico
di commozione negli occhi.
Anche questa volta la Dea Musica aveva
svolto il suo ruolo. Due persone si erano appena conosciute e grazie ad essa
avevano instaurato un rapporto che non è possibile definire “amicizia” ma
che probabilmente è qualcosa fatto
di condivisione di emozioni, di
esperienze… questa è una cosa che non accade tutti i giorni.
A fine serata,
ci facemmo delle fotografie, e mentre Patrizia ed io lasciavamo la casa, Paul
si preoccupò molto della mia integrità fisica, domandandomi se mi sentissi
pronto per guidare fino a casa visto che in tutto quel tempo, il vino era stato
uno dei nostri fedeli compagni.
Partimmo, ed
anche durante il viaggio di ritorno, né io, né mia moglie riuscimmo ad aprire
bocca. Ciò che era successo ci sembrava ancora impossibile ed il film nel quale eravamo inconsapevoli attori,
non era ancora finito…
[1] “Ciao, Paul, non puoi
immaginare quanto io sia felice di essere qui… scusa il mio inglese… sono
troppo eccitato…”
“Oh, non preoccuparti Walter, il tuo inglese sarà sicuramente migliore del
mio italiano”. (trad. dell’editor)
“Con piacere”. (Trad.
dell’editor)
[3] “Paul, ho un regalo per
te. Ho composto una semplice melodia perché voglio che tu sappia quanto sono
felice di averti incontrato questa sera”. (Trad. dell’editor)
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